Un futuro che oggi non vediamo ma in cui speriamo
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In questo momento di incredulità e totale incertezza, le attività di impresa e i lavoratori sono condizionati da fattori esterni che non sappiamo come e quando torneranno ad essere leggibili.


Cosa dobbiamo cambiare? Forse non è cambiare l’azione giusta da intraprendere, ma piuttosto ascoltare e leggere ciò che sta accadendo attorno a noi, stando attenti ai dettagli, alle reazioni, ai cambiamenti repentini, al tempo.


In questo momento ci ritroviamo a lavorare a brevissimo termine e a ricercare modi per condizionare l’efficienza o le caratteristiche dei prodotti, per sopperire alla mancanza di materie prime, prodotti, servizi o tempo.


Si tratta di un lavoro quotidiano caratterizzato da un grande senso di provvisorietà, in cui si allontana ogni ipotesi di investimento, non sentendo più quella carica di intraprendenza sostenuta dalla speranza.


Dopo un periodo shock, se ne è accodato un altro fatto di elementi diversi, ma sempre incontrollabili.


Inventiva, innovazione, informatica, immaginazione sono tutti esercizi o espressioni spontanee che hanno necessità di un ambiente di serenità minima altrimenti, se spinti dall’ansia, diventano attività di fuga dal presente per istinto di conservazione, soprattutto quando il contesto in cui si generano è quello della paura.


Quello che l’attuale contesto sta evidenziando è che l’interconnessione mondiale del pensiero e del business rende delicato ogni tipo di movimento, ma allo stesso tempo può risultare devastante indistintamente per qualsiasi settore o attività, una conseguenza degli sconvolgimenti dello status che nel tempo si è costruita, la deriva dei grandi interessi.




Costo del gas, oligarchi ospitati dalle banche principali, blocco dell’export di prodotti di abbigliamento e alimenti primari sono le punte dell’iceberg, ma c’è molto altro che si cela sotto il pelo dell’acqua nell’oceano di complessità indecifrabile che costituisce il panorama di tutti gli equilibri. Primo fra tutti questi elementi, sicuramente la migrazione dei popoli che, da millenni, è la conseguenza finale delle criticità che caratterizzano il vivere di alcuni rispetto agli altri.


La geografia della protezione contro le armi di distruzione di massa forse segnerà un mondo diverso, non più scritto solo sulle carte geografiche ma anche sulla pelle dei popoli che hanno provato fin da bambini esperienza brutale della sofferenza e della morte dei propri cari. E come è possibile immaginare di vedere qualcosa di nuovo e di positivo in questo scenario?


L'immigrazione è uno dei temi fondamentali in questo scenario, insieme alla denatalità che sta caratterizzando gli ultimi decenni, soprattutto per paesi come l'Italia che risulta mediamente il paese più vecchio del mondo. Si tratta dell’inclusione di nuove popolazioni e nuove speranze di individui che sono dovuti scappare per l’esigenza di ridisegnare la protezione di massa che, in effetti, diventa la distruzione di massa della speranza.


L’inclusione di massa sarà la vera sfida che ci chiamerà ad essere vicini a persone che sono state cacciate dalla loro terra e che hanno perso la loro radice di identità. Accogliere può non essere tradotto come aiutare economicamente, ma anzi può essere meglio interpretato come l'apertura mentale di lasciare che il diverso possa esprimere ciò che è e che è in grado di fare. La diversità sarà sempre più una ricchezza e quindi si apre anche l'opportunità di includere ciò che è diverso e che ci può rendere tutti migliori.


Tutto questo non allevia certamente le sofferenze che donne, bambini e uomini chiamati improvvisamente alla guerra stanno soffrendo. Tuttavia, il nostro compito forse più importante è aiutarli ad avere una speranza.



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